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E se il diaframma non fosse un vero problema?

Aggiornamento: 8 nov

Siamo tutti consapevoli che la conoscenza anatomica è fondamentale per i terapisti manuali, poiché permette di comprendere la complessità del corpo umano e i suoi intricati collegamenti. Questo amplia la visione del terapista, consentendogli di valutare e trattare in modo più efficace i pazienti.

Tuttavia, dobbiamo ammettere che memorizzare tutti i dettagli dei collegamenti tra le parti del corpo è impossibile. Questo limite ci costringe a prendere decisioni terapeutiche basate sulle informazioni disponibili, adattandole alle esigenze individuali dei pazienti. Tuttavia, c'è il rischio di trascurare importanti adattamenti morfologici dei pazienti che stiamo trattando.

Inoltre, molti terapisti tendono ad utilizzare approcci standardizzati per trattare specifiche patologie, pensando che seguendo una procedura standard si possano ottenere risultati più prevedibili ed efficaci. Tuttavia, dobbiamo essere consapevoli che questa non è sempre la soluzione migliore, soprattutto quando ci troviamo di fronte a casi complessi.

Quindi, dobbiamo essere pronti a sfidare le convenzioni e adottare un approccio flessibile e personalizzato per ogni paziente. Questo ci permetterà di superare i limiti imposti dai pregiudizi, andando oltre le metodologie standardizzate e le semplificazioni concettuali.

Un esempio evidente di questa situazione è l'approccio globale basato sulla continuità anatomica attraverso l'utilizzo di modelli delle catene miofasciali. Questi modelli, sebbene corretti concettualmente, semplificano la complessità anatomica reale. Come dimostrato dal modello del network biomeccanico, il corpo umano è caratterizzato da oltre 7000 relazioni e oltre 2000 parti anatomiche, le quali hanno un funzionamento molto diverso da quello a cui molti terapisti fanno ancora riferimento in modo tradizionale o meccanicista.

Un esempio evidente di ciò è il ruolo centrale attribuito al muscolo diaframma nel trattamento. Sebbene il diaframma abbia una funzione centrale indiscutibile, analizzando il network biomeccanico, si osserva che ha un basso coefficiente di betweenness e closeness, non trasmettendo quindi molta informazione ad altre parti del corpo. Pertanto, ritengo che il trattamento diretto del diaframma sia inutile, se non dannoso, quando il paziente presenta uno stato di sovraccarico funzionale, comunemente definito "blocco". In questi casi, il problema non può essere risolto con manovre dirette o con la respirazione diaframmatica. Al contrario, nel corso pratico, vedremo come agire su altre aree anatomiche favorisca una rapida rimodulazione dell'attività diaframmatica.



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