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E se il diaframma non fosse davvero il problema?

Aggiornamento: 12 mar

Sappiamo bene che una solida conoscenza anatomica è cruciale per un terapista manuale. Ci permette di esplorare con maggiore consapevolezza la straordinaria complessità del corpo umano e le sue intricate connessioni, garantendo valutazioni e trattamenti più efficaci.

Tuttavia, siamo costretti ad affrontare una realtà inevitabile: nessuno può memorizzare tutte le migliaia di relazioni anatomiche esistenti. Questo limite ci porta spesso a scegliere soluzioni terapeutiche basate su modelli semplificati o protocolli standardizzati. Ed è proprio in questo modo che rischiamo di trascurare adattamenti morfologici importanti e specifici di ogni singolo paziente.

Molti terapisti utilizzano procedure standard, convinti che schemi prestabiliti possano garantire risultati più prevedibili. Tuttavia, questa convinzione può risultare limitante, specialmente nei casi clinici più complessi. È dunque necessario avere il coraggio di sfidare le convenzioni e adottare un approccio terapeutico flessibile e personalizzato.

Prendiamo, per esempio, il diaframma: spesso considerato il fulcro della terapia manuale, lo si ritiene determinante per la respirazione e il movimento. Tuttavia, un'analisi approfondita del network anatomico rivela una realtà sorprendente. Il diaframma presenta, infatti, una centralità biomeccanica relativamente bassa rispetto a strutture come la fascia lata, il muscolo grande dorsale, il sacro, l'osso sterno e i legamenti longitudinali. Queste strutture mostrano una capacità superiore di distribuire le forze e connettere regioni corporee lontane tra loro.

Quindi, la vera soluzione per sbloccare e armonizzare il corpo potrebbe risiedere in aree meno ovvie, come le fasce, alcuni muscoli chiave o strutture ossee centrali, che hanno un ruolo più cruciale nel garantire una comunicazione biomeccanica efficace.

Questa prospettiva non implica che il trattamento diretto del diaframma sia sempre inutile, bensì che spesso le alterazioni funzionali diaframmatiche possono dipendere più da fattori estrinseci—come tensioni muscolari, squilibri fasciali o alterazioni posturali—che da problematiche intrinseche del muscolo stesso. Diventa dunque essenziale un approccio terapeutico mirato a individuare e risolvere queste "spine irritative" esterne, che indirettamente influenzano la sua efficacia funzionale.

Possiamo definire questo processo come un principio di "allostasi biomeccanica": il corpo, infatti, risponde alle sollecitazioni esterne modificando continuamente il proprio equilibrio biomeccanico interno, cercando di mantenere una funzionalità ottimale nonostante gli stress accumulati. Capire e gestire queste risposte adattative rappresenta una sfida affascinante per il terapista manuale moderno.

Nei nostri prossimi corsi pratici esploreremo insieme come intervenire concretamente su queste aree, ottenendo una rimodulazione rapida ed efficace dell’attività diaframmatica e risultati terapeutici più profondi e duraturi.

Sei pronto a superare le convenzioni e scoprire nuovi orizzonti terapeutici basati sulla reale anatomia funzionale? Scrivici e tieniti aggiornato sui prossimi corsi.

 
 
 

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