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At Home in the Universe - di Stuart Kauffman

Aggiornamento: 13 ott

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Se il percorso di letture sulla complessità ci ha insegnato a riconoscere l’imprevedibilità dei sistemi (Gleick) e le basi computazionali del reale (Deutsch), con Stuart Kauffman compiamo un salto fondamentale: scoprire che la vita non è un incidente, ma una conseguenza probabile delle leggi della complessità.

In At Home in the Universe, Kauffman non si limita a descrivere l’adattamento: ci mostra che i sistemi biologici possiedono una tendenza intrinseca all’auto-organizzazione. Attraverso modelli matematici eleganti – come le reti booleane in cui elementi binari (acceso/spento) interagiscono – dimostra che, superata una soglia critica di connettività (il parametro K), il sistema non sprofonda nel caos, ma collassa in un numero limitato di stati stabili, gli attrattori.

Questi attrattori non sono il frutto della sola selezione naturale: emergono spontaneamente. Sono i “luoghi naturali” verso cui un sistema complesso tende, e corrispondono, nel mondo reale, ai tipi cellulari o ai comportamenti adattativi degli organismi. La vita, insomma, ha un “pilota automatico” incorporato nelle reti che la compongono.

Reti, Attrattori e il Pilota Automatico della Vita

Kauffman costruisce la sua argomentazione a partire da un modello apparentemente astratto: le reti booleane di N nodi (N-K networks). In questi sistemi, ogni elemento può trovarsi in due soli stati (acceso o spento, 0 o 1), e lo stato successivo di ciascuno è determinato dagli stati di K altri elementi a cui è connesso.

Quello che Kauffman scoprì fu rivoluzionario. Il comportamento della rete dipende criticamente dal valore di K:

  • Con K=0 o K=1, la rete è troppo ordinata. Cascate di attivazione prevedibili la portano rapidamente in stati stabili e globali, ma rigidissimi. È un sistema incapace di adattamento.

  • Con K=N (ogni nodo connesso a tutti gli altri), la rete è caotica. Un piccolo cambiamento si propaga all’infinito, rendendo il comportamento imprevedibile e incoerente.

  • Con K=2, la rete si posiziona in una regione di equilibrio miracoloso, il “margine del caos” (edge of chaos). Qui, la rete mostra un numero gestibile di attrattori (circue √N), è sufficientemente stabile da mantenere una coerenza interna, ma abbastanza sensibile da rispondere in modo creativo ai segnali esterni.

Questi attrattori non sono scelti da un progettista esterno; sono la conseguenza matematica della struttura della rete. Kauffman ha il merito di aver collegato questo modello astratto alle reti genetiche reali. Il genoma, con i suoi geni che si attivano e disattivano a vicenda, funziona proprio come una rete booleana complessa. Gli attrattori di questa rete non sono altro che i diversi tipi cellulari di un organismo. Non servono milioni di anni per “inventare” un neurone o un epatocita; queste configurazioni stabili emergono naturalmente come possibili soluzioni del sistema. L’evoluzione non crea dal nulla; seleziona e stabilizza ciò che l’auto-organizzazione le mette a disposizione.

L’Equilibrio Dinamico: tra Ordine e Caos

Il concetto di edge of chaos non è solo una suggestiva metafora. Kauffman lo ancorà a una solida base matematica, richiamando il lavoro di Mitchell Feigenbaum sulle biforcazioni e le transizioni di fase. Feigenbaum dimostrò che il passaggio dall’ordine al caos, in molti sistemi, non è graduale ma avviene attraverso una serie di biforcazioni, soglie critiche governate da costanti universali.

Allo stesso modo, il parametro K nelle reti biologiche agisce come un punto di controllo che determina il regime in cui il sistema opera. La vita, per essere tale, deve costantemente navigare queste soglie critiche. Troppo ordine la rende fragile e incapace di innovare; troppo caos la dissolve in una disorganizzazione inefficace. La salute di un sistema complesso – che sia un ecosistema, un’economia o un corpo umano – coincide con la sua capacità di mantenersi in quella precaria, ma produttiva, zona di confine.

Dall’Omeostasi all’Allostasi: un Nuovo Modello di Salute

Questa visione dinamica ci costringe a ripensare radicalmente il concetto di stabilità in biologia. Kauffman, riprendendo e sviluppando le intuizioni del neurofisiologo Peter Sterling, propone di superare il modello dell’omeostasi – che implica un set-point fisso da difendere – a favore dell’allostasi.

L’omeostasi è reattiva: è il sistema che, come un termostato, agisce dopo che una perturbazione lo ha allontanato dal suo punto di equilibrio. L’allostasi è proattiva e predittiva. Un sistema allostatico anticipa attivamente le sollecitazioni e modifica i suoi parametri interni in previsione del cambiamento, non in risposta ad esso. Cerca nuovi equilibri funzionali prima che lo stress si manifesti appieno.

Ma come si traduce questo principio astratto in una pratica concreta? La risposta risiede nella capacità di monitorare non uno stato, ma una traiettoria.Immaginate di non guardare più una singola fotografia della salute (l'omeostasi), ma un film della sua evoluzione (l'allostasi). Il focus si sposta dal "dov'è il sistema?" al "dove sta andando?". Un sistema allostatico sano non è quello che rimane immobile, ma quello che mostra una variabilità complessa – un pattern ricco e imprevedibile, ma coerente, nelle sue fluttuazioni. È la differenza tra il battito cardiaco regolare e metronomico di un paziente in insufficienza cardiaca (ordine patologico) e la ritmica variazione, apparentemente disordinata ma profondamente sana, di un atleta (caos ordinato).

Per rendere concreti questi concetti, abbiamo sviluppato alloSIM, un Simulatore di Allostasi Biologica che permette di visualizzare in tempo reale come un sistema complesso risponde allo stress. L'app è free access e mostra le tre metriche biologiche fondamentali - Salute, Stabilità e Performance - mentre il sistema naviga tra ordine e caos, adattandosi dinamicamente alle perturbazioni. L'utente può applicare diversi interventi terapeutici (Supporto, Adattivo, Riabilitativo, Emergenza) e osservare come il "parametro K" - che rappresenta la complessità del sistema - si modifica in risposta, spostando il sistema tra regimi ordinati, caotici o nell'ottimale "edge of chaos".

In questa luce, il corpo umano non è una macchina che cerca di ritornare a uno stato ideale e immutabile, ma un processo dinamico di continua riorganizzazione. La salute non è un punto, ma un dominio di variabilità adattativa.

Uno Sguardo Operativo: Misurare e Sostenere la Complessità

La grandezza di Kauffman sta nell’offrire non solo una teoria, ma una cornice operativa. Il parametro K smette di essere un’astrazione matematica e diventa una lente clinica fondamentale.

Il compito del terapista non è forzare il corpo verso un ideale astratto di “normalità”, ma facilitare le condizioni perché esso ritrovi la propria capacità intrinseca di auto-organizzarsi. In concreto, questo significa:

  1. Valutare la posizione del sistema: Utilizzare strumenti come l’analisi della variabilità cardiaca (HRV) per capire se il sistema nervoso autonomo è in uno stato rigido (bassa variabilità), caotico (variabilità disorganizzata) o adattativo (variabilità complessa). Questi strumenti non misurano valori assoluti, ma la qualità dinamica del comportamento del sistema.

  2. Agire sul “K sistemico”: L'intervento clinico può essere visto come una modulazione del parametro K del sistema. Un intervento troppo blando, prevedibile e ripetitivo (K basso) lascia il sistema nella sua rigidità, incapace di evolvere. Un intervento troppo intenso, invasivo o indiscriminato (K alto) rischia di spingerlo nel caos, sovraccaricando i suoi meccanismi di regolazione. L’arte sta nel dosare la "dose di complessità" del trattamento – che sia manuale, esercizio o stimolo cognitivo – per riequilibrare la connettività della rete, riportandola verso il suo margine del caos ottimale. È la differenza tra un massaggio rilassante e monotono (che può ridurre K) e una manipolazione osteopatica che introduce una perturbazione informata, sfidando il sistema a trovare una nuova soluzione organizzativa (modulando K verso l'optimum).

  3. Favorire la Comunicazione Morfologica: L’obiettivo finale è ristabilire la modularità e la resilienza della rete anatomica. In un sistema complesso, la salute è una proprietà emergente della rete, non dei singoli componenti. L'operatore, quindi, non "ripara un pezzo rotto", ma ripristina le condizioni per una comunicazione efficace all'interno della rete stessa. Agendo su un nodo periferico (ad esempio, una restrizione fasciale), si possono sbloccare dinamiche globali, ripristinando quelle connessioni che permettono al corpo di trovare da sé, in modo allostatico, i suoi nuovi equilibri funzionali.

Perché Leggere Kauffman Oggi

At Home in the Universe non è solo un libro di biologia o matematica: è un’opera che restituisce dignità scientifica all’intuizione che l’universo sia, in qualche modo, “amico della vita”. Se Deutsch ci ha dato il linguaggio computazionale della realtà e Gleick la sua grammatica caotica, Kauffman ci mostra la poesia dell’auto-organizzazione: quella tendenza naturale della materia a generare strutture, significati e, infine, esseri viventi.

Leggerlo significa non sentirsi più ospiti occasionali in un cosmo indifferente, ma parte di un tutto che costantemente si rigenera. Per chi si occupa di salute, di ecologia, di educazione o di sistemi sociali, è una guida per abitare la complessità senza paura, con la consapevolezza che il disordine non è il nemico, ma la sorgente da cui scaturisce ogni nuova forma di equilibrio. Per il clinico, è una mappa per accompagnare le persone non fuori dalla malattia, ma attraverso di essa, verso un nuovo, dinamico e vitale equilibrio.


📌 Dal 31 gennaio 2026 prenderà avvio un nuovo ciclo di aNETomy Basic, promosso da The Anatomical Network. Sarà un'occasione formativa che integra il paradigma della complessità nella pratica clinica, sostenendo al contempo la ricerca e la diffusione di un approccio che legge il corpo come rete vivente, auto-organizzata, capace di danzare al margine del caos.



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