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Il corpo parla, e lo fa con la forma:

Aggiornamento: 20 lug

introduzione alla comunicazione morfologica

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In un post precedente ho scritto di come la conoscenza di alcuni principi biologici cambi il modo in cui osserviamo il corpo. Uno di questi principi è la durotassi: la capacità delle cellule di orientarsi nei tessuti guidate dalla rigidità e dalle forze meccaniche locali. Un comportamento affascinante che rivela quanto il movimento, anche a livello cellulare, sia guidato da logiche biomeccaniche e non solo da segnali biochimici. https://www.facebook.com/photo/?fbid=10233519419920744&set=a.1030511656415

Ma se facciamo un salto di scala – dalla cellula alla struttura, dal segmento alla persona – accade qualcosa di ancora più interessante. Questa prospettiva non cambia solo il modo in cui leggiamo la biomeccanica, ma anche il modo in cui trattiamo il sistema di movimento.

Il corpo non si limita a eseguire comandi del sistema nervoso centrale, e non si limita nemmeno a reagire in modo passivo. Ogni parte, ogni modulo anatomico, comunica con gli altri attraverso la forma: un linguaggio fatto di forze, tensioni, vettori, compensi.

Questa dinamica prende il nome di comunicazione morfologica, e possiamo analizzarla attraverso tre aspetti fondamentali.

1. La forma come veicolo di trasmissione

Viviamo in un ambiente governato da forze, prima fra tutte la gravità — onnipresente, costante, e comune a ogni essere umano sulla Terra. Senza di essa, i nostri movimenti sarebbero disorganizzati, instabili, fuori controllo.

Ma la gravità non è l’unica forza in gioco. Il nostro corpo gestisce queste sollecitazioni come un sistema chiuso-adattivo, che agisce secondo una logica distribuita e non-neurale (Valero-Cuevas et al., 2007). Quando entra in contatto con l’ambiente, si riorganizza internamente per mantenere un circuito di attivazione globale, proteggendo le sue funzioni vitali.

Le forze indotte dagli spazi che abitiamo — siano essi fisici o sociali — richiedono continuamente un adattamento complesso e distribuito. Ogni stimolo sensoriale derivante dal contatto, ogni pressione, ogni vincolo esterno può attivare la comunicazione morfologica, a condizione che generi una forza meccanica reale sul corpo.

La morfologia si esprime allora come un comportamento adattivo, che tende a mantenere la connettività tra i moduli corporei e a preservare il movimento. Ma questo adattamento ha un costo: quando diventa cronico, la protezione si trasforma in irrigidimento. Il sistema si chiude per difendersi… e così facendo perde efficienza e capacità di risposta.

Non è importante se una spalla è più alta o più bassa, ma se quella struttura riesce a dialogare con il resto del corpo.

Un esempio chiave è fornito da:

Valero-Cuevas FJ et al. "The Tendon Network of the Fingers Performs Anatomical Computation at a Macroscopic Scale," IEEE Transactions on Biomedical Engineering, vol. 54, no. 6, pp. 1161–1170, 2007.

2. L'attivazione attraverso il contatto

La comunicazione morfologica si attiva nel momento in cui il corpo entra in relazione con l’ambiente.

Il piede, ad esempio, è il primo punto di ingresso costante delle forze ambientali. Quando si appoggia al suolo, attiva una spinta che si trasmette lungo tutta la catena corporea: dal piede alla gamba, all’anca, alla colonna, fino alla base del cranio. Ogni modulo anatomico riceve, elabora e rilancia le forze al modulo successivo.

Non si tratta di un processo lineare né comandato centralmente, ma di un meccanismo emergente da capacità computazionali autonome distribuite lungo il corpo. Questa propagazione è ciò che chiamiamo PTF – Progressive Tensional Forces: forze che, all’interno del network osteo-mio-fasciale, organizzano, modellano e caratterizzano la morfologia, cioè la forma e la funzione del comportamento motorio.

Quando la comunicazione tra i moduli viene meno — per rigidità, asimmetrie, perdita di cooperazione — si ha una perdita di modularità. Questa disfunzione porta a dolore, blocchi funzionali, compensi inefficienti e aumento del rischio di infortunio.

3. La partecipazione come condizione necessaria

La comunicazione morfologica è un comportamento spontaneo, ma non è automatico: si manifesta solo quando il corpo è attivamente coinvolto. Se il paziente partecipa anche solo con una spinta, una resistenza, un gesto guidato, la rete si accende. La forma smette di essere statica. Il trattamento diventa dialogo. Il gesto diventa linguaggio.

Ogni intervento eseguito su un corpo completamente passivo non entra davvero in contatto con questo livello profondo di comunicazione. Non basta manipolare, stirare o ascoltare i tessuti. La comunicazione morfologica si manifesta solo a una scala superiore, quando la forma si modifica mentre partecipa all’azione.

Per ripristinare la modularità, serve un’interazione terapeutica che coinvolga l’atto motorio attivo del paziente, capace di riaccendere la comunicazione morfologica tra i moduli. Non c'è comunicazione morfologica senza movimento attivo.

Conclusione

Il concetto di comunicazione morfologica ci insegna che il disturbo del movimento si tratta attraverso il movimento attivo.

Questo è un principio fondamentale per ogni terapia manuale che voglia davvero considerarsi biologica.

Da questi presupposti nasce la KNT – Kinematic Networks Technique:un approccio manuale dinamico che stimola attivamente la rete corporea,facendo emergere — attraverso il gesto — la comunicazione morfologica profonda.

Non si tratta di applicare tecniche su un corpo, ma di metterlo in condizione di parlare.

 
 
 

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